citazioni

Ci sono infiniti modi per raccontare una stessa cosa. Saper scegliere il migliore è ciò che fa di uno scrittore un bravo scrittore. Il lettore non si nutre solo di storie, di accadimenti. Si nutre di parole, di suoni, di combinazioni che a volte lo colpiscono al punto di ricordarle per sempre

sabato 23 febbraio 2008

Lo scheletro che balla
O forse è il traduttore che balla, anzi traballa, proprio nell'incipit (che ritengo comunque pessimo).

Quando Edward Carney salutò sua moglie Percey, non avrebbe mai immaginato che quella fosse l'ultima volta che la vedeva.

Jeffery Deaver, Lo scheletro che balla (trad. Stefano Massaron)

La lingua italiana è talmente complessa e sfaccettata che non metterei la mano sul fuoco giurando che questa frase sia sbagliata.
Però.
E' una frase breve, ma non per questo semplice. Contiene quattro proposizioni, legate tra loro a catena, dove ogni anello dipende strettamente dal suo predecessore (nel rapporto reggente/subordinata).
I latinisti puri non avrebbero dubbi, ma pare che l'italiano si faccia sempre più spesso beffe della rigidità della consecutio temporum e delle regole derivate. Nei libri di grammatica, poi, è praticamente impossibile trovare esempi in cui la reggente è espressa al condizionale passato, salvo i casi di proposizioni ipotetiche. Temo insomma che potrebbe essere uno di quegli argomenti in grado di scatenare guerre infinite tra teorici della lingua.
Io so soltanto che questa frase suona male (almeno al mio orecchio), e che l'avrei scritta così (già che ci sono, correggo anche quella fastidiosa ridondanza del pronome possessivo):

Quando Edward Carney salutò la moglie Percey, non avrebbe mai immaginato che quella sarebbe stata l'ultima volta che l'avrebbe vista.

La proposizione che regge tutto il periodo (e che quindi può stare in piedi da sola) è:

Edward Carney non avrebbe mai immaginato

A quanto mi risulta, se è comune imbattersi in una proposizione al congiuntivo che ne introduce una al condizionale (le proposizioni ipotetiche, appunto, formate da apodosi e protasi), avviene raramente il contrario. In questi casi, spesso si sottintende implicitamente la presenza di un'ulteriore proposizione (ipotetica) che dia un senso al tutto.

Avrei immaginato che tu fossi pazzo (se avessi saputo del tuo gesto)

La frase tra parentesi è introdotta da se, il rapporto temporale con la reggente è di contemporaneità.
Nel nostro caso, la proposizione "spia" (esplicita stavolta) è introdotta da quando. Il rapporto temporale è di posteriorità (quella sarebbe stata definitivamente l'ultima volta che Carney avrebbe visto la moglie a causa di qualcosa che sarebbe avvenuta nel futuro rispetto a quel momento). Si ricorre al condizionale passato.

Per quanto riguarda l'ultima proposizione (che io ho trasformato da imperfetto indicativo a passato condizionale) valgono in realtà entrambe le soluzioni. Se una subordinata è espressa in un tempo indicativo, infatti, può essere retta da una principale al condizionale. Nel caso del condizionale passato, l'imperfetto indicativo nella proposizione oggettiva è ammesso quando il rapporto temporale è di contemporaneità (e stavolta è corretto, perché l'azione del vedere è contemporanea al fatto che quella sia una determinata volta in cui i due personaggi sono a contatto).
La frase, espressa in quest'ultima modalità, diventa anche foneticamente più leggera (anche se continuo a preferire l'altra versione):

Quando Edward Carney salutò la moglie Percey, non avrebbe mai immaginato che quella sarebbe stata l'ultima volta che la vedeva.

La sintassi è una brutta bestia per i traduttori dall'inglese, dove i tempi sono soggetti a regole più semplici o comunque molto diverse. Per i curiosi, ecco la frase originale di Jeffery Deaver:

When Edward Carney said good-bye to his wife, Percey, he never thought it would be the last time he'd see her.

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3 Commenti:

Blogger Schloss Adler ha detto...

Questione interessante. Mi è capitato, in passato, di avere difficoltà con amici stranieri che mi chiedevano spiegazioni su talune regole della grammatica italiana: finivo sempre per dire che sapevo applicare la regola ma non sapevo spiegarla. Credo che l'essere madrelingua implichi che la grammatica che ci è "propria" venga masticata, digerita, metabolizzata e riversata in quel che diciamo e scriviamo. E' un processo lungo, che dura anni, e non ha mai fine, almeno finchp siamo in grado di imparare qualcosa. E se quel che viene detto o scritto "suona male", ci sono ottime probabilità che si sbagliato anche a rigor di grammatica.
Ciao,
SA
P.S: la versione che preferisco è la prima di quelle che hai proposto, la più leggera e lineare.

25 febbraio 2008 alle ore 15:37  
Anonymous Anonimo ha detto...

Sono d'accordo con te, anche a me suona male la traduzione, anzi mi suona proprio orrenda. La prima versione che dai è la più corretta a mio parere. Leggendo l'originale l'avrei tradotta cnhe io così. La

3 marzo 2008 alle ore 14:37  
Blogger Emanuele Terzuoli ha detto...

Ah, a proposito di originale, io non sono una cima in inglese, ma ho un'amica madrelingua che mi ha confermato la correttezza della frase di Deaver.

3 marzo 2008 alle ore 15:35  

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